Le cicerchie (Lathyrus sativus)
La CICERCHIA è una leguminosa conosciuta fin dai tempi antichi, Greci e Romani già la coltivavano e consumavano.
E’ stata per tempo un legume dimenticato perché richiedeva una gran mole di lavoro manuale nel coltivarlo ed i contadini dicevano che era tossica.
Ma la sua tossicità, che attacca il sistema nervoso, è derivante dal contenuto di una tossina, la LATIRINA, e può esser mal tollerata solo se si consuma in grandi quantità (almeno 300 gr) e per più giorni consecutivi.
Nella prima metà degli anni 70 la superficie complessiva di coltivazione in Italia occupava pochissimi ettari, fortunatamente oggigiorno la ripresa della coltivazione di questa leguminosa si è riscoperta soprattutto nelle regioni del centro sud Italia, come la Puglia, le Marche, Umbria e Lazio.
Pare che in Ciociaria gli abitanti di un paesino (Campodimele) siano particolarmente longevi ed abbiano bassissimi valori di colesterolemia ed ipertensione, forse dovuti proprio all’abituale consumo di cicerchie.
La cicerchia ha la forma di un sassolino schiacciato, grande quanto un cece, e come quasi tutti i legumi ha bisogno di ammollo (dalle 8 alle 20 ore) in acqua con poco bicarbonato anche per eliminare buona parte della tossina.
La cicerchia ha un buon contenuto di proteine (circa il 30%) e fibre, contiene calcio, importante per ossa, denti e muscolatura, le vitamine del gruppo B ed il fosforo. E’ un legume che non viene consumato fresco (come accade per i fagioli, i piselli e le fave) ma solo dopo esser stato essiccato.
Si consuma in minestre e zuppe, ma è ottima anche in insalate fredde estive e con la farina di cicerchie si ottengono polente molto saporite. { fcomment id=47}
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